giovedì 30 settembre 2010

La porta dei lupi



Dal guardare con occhi sicuri
l'infuocato tramonto rosato,
a raggiungerlo planando su nubi
gonfie di fiori e acque cobalto
di alberi scuri ed uccelli migranti
dove lucciole chiare si posano lievi
e dormono i lupi con code piumate,
breve è il passo e fermo d'amore
più di una vita e di cento stagioni
perse nel vento e grigie di nebbia
come strade battute e senza colore.
L'uno per l'altra ci siamo forgiati
come rami di un medesimo albero
come sogni in una sola notte pensati
e colori accostati e dolcemente sfumati.
Ed ora che il sangue abbiamo mischiato
e passiamo dalla Pietrosa Porta sospesa
l'Eterno ci avvince in un sigillo radicato
che si nutre e rinnova ormai intatto
ogni volta che le fiamme verdi dei tuoi occhi
lambiscono il centro del cerchio dorato
e vittoriose, cullano Una Vita di due respiri infuocati.


A te

martedì 27 luglio 2010

LACIO DROM


Credo di non saperti salutare come se non dovessi rivederti più. Non sarà un addio, ma un arrivederci. Penserò ai tuoi riccioli dorati, al dolce vento estivo e ai tuoi occhi che si confondono col mare dell'isoletta su cui stai per approdare.
Aspettami, faremo un falò sulla spiaggia, berremo birra e fumeremo, come ai vecchi tempi...ti ricordi?
Stai attento al sole, hai la pelle chiara come me e non dimenticare la chitarra, ti terrà compagnia. Mi mancherai in modo terribilmente straziante.
Siamo fratelli di latte e sangue, in me c'è un po' di te e tutto quello che mi capiterà di bello sarà anche tuo. Per me sarai sempre l'angelo biondo a cavallo di una moto, col sorriso luminoso che abbraccia il cielo. Per me sarai sempre l'estate coi riflessi azzurri dei tuoi occhi, sarai quella brezza energica in cui abbiamo volato vicini in questi anni, ancora troppo pochi per essere già ricordati.
Eppure, lo so e posso dirlo con certezza: VOLAMMO DAVVERO.

Torneranno i giorni in cui faremo "festa, festa, fino a mattina".
Lacio drom, fratello di latte e sangue.




domenica 11 aprile 2010

Wuthering Heights


Adoro questo rumore.
Violento, sprezzante e sferzante sciabordìo nero nella notte, turbinoso oceano di nuvole viola solcate da velieri argentei e appuntiti, passionale genesi di luci tratteggiate da lampi feroci come lava che ribolle nei segreti angoli di un cielo che, per questa notte, soltanto per questa notte, sembra cambiare il mondo.

venerdì 26 febbraio 2010

Mercy street



Oh no.

Dovrei condannarti al dolce oblìo della damnatio memoriae...e invece rimani così, in piedi, di spalle, davanti ad una distesa scura di acqua salata.
E rimani.

Let's take the boat out wait until darkness comes. Perchè rimani?
Mercy,
mercy, looking for mercy...

...mercy, MERCY.

- DREAMING OF MERCY STREET -

domenica 14 febbraio 2010

Senza titolo


"Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,
e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro."
(Un matto - De Andrè)

Non mi ricordo come si fa a guardarsi dentro, è tutto così intorpidito e senza significato che sembra confondersi alla perfezione con questo cielo bianco e vuoto di metà febbraio.
Scrivere qui è come scrivere sul fondo di una conchiglia: la getti in mare e quella se ne andrà tra correnti lontane, probabilmente senza che nessuno la ritrovi. Non mi interessa che qualcuno legga quello che scrivo, fa bene a me e questo mi basta...come Torodov, anche io confido fortemente nel potere curativo della scrittura.


"...qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole."







giovedì 28 gennaio 2010

Umba

Quest'estate, ho conosciuto sulla spiaggia Umba.
Umba era una ragazza di trentatrè anni, senegalese, con la pelle color ebano, gli occhi grandi e scuri da gazzella, i capelli raccolti in minuscole treccine, il corpo robusto avvolto da una meravigliosa stoffa colorata, che sembrava portarsi dietro tutto l'oro del sole dell'Africa, il rosso del deserto e l'azzurro cupo del cielo.
Si trascinava sulla sabbia di ombrellone in ombrellone, tenendo in mano una testa di plastica con i capelli divisi in dread e treccine fermate da nastrini ed elastici multicolore. Passava in silenzio, guardando avanti, con la fronte imperlata di sudore e le labbra secche. Mia madre la fermò con gentilezza per chiederle se poteva fare una treccina a mia sorella, lei si avvicinò al nostro ombrellone, posò il borsone blu nel quale teneva elastici, nastrini, collane e braccialetti a terra e si sedette lenta sul bordo del lettino. Mia sorella le si posizionò di fronte, timida, e girò la folta testa riccia affinchè Umba potesse cominciare a lavorare. Aveva mani grandi e forti, eppure incredibilmente abili e veloci nell'intrecciare ciocche cosi' sottili di capelli. Il religoso silenzio in cui eravamo immerse, veniva soltanto interrotto dalle domande che mia madre le porgeva e a cui lei rispondeva, senza mai distogliere gli occhi da quello che stava facendo. Raccontò di essere sposata e avere una figlia di tre anni in Senegal, di cui ci disse il nome...lo scrisse anche sulla sabbia. Ricordo di averla guardata a lungo, ammirandola, deliziandomi per come aveva tracciato quelle lettere, facendo scivolare il dito come in una danza dell'aria immaginaria, come una preghiera agli dei del cielo, come un rito sciamanico del crepuscolo.
Le offrimmo un gelato, ci chiese un ghiacciolo al limone. Aveva sete ed era stanca, eppure sembrava infaticabile, con il grande borsone blu sulle spalle, la testa di plastica in una mano ed il ghiacciolo nell'altra. Ci rimasi un po' male quando si alzò per andarsene, pensavo che avrebbe finito almeno di mangiare il gelato con noi, volevo pregarla di continuare a raccontare, raccontare ancora. Volevo chiederle di rivederla, di lasciarmi un recapito, di diventare mia amica. Invece non dissi nulla e la salutai, guardandola allontanarsi con passo pesante, in direzione della riva. Più tardi, verso l'ora di pranzo, la vidi ripassare con un'altra donna. Si avvicinarono entrambe al nostro ombrellone ed Umba ,sorridente, presentò l'altra donna come sua sorella, poi ci salutarono e sparirono di nuovo tra gli ombrelloni.
Umba...nome rotondo e tornito come lo era lei, nome che sa di grembo, ventre caldo e materno, di braccia attorno al collo e mani giunte, di passi lenti, di gesti tracciati sulla sabbia, di stoffe colorate. Di Africa.
Mamma Africa.
Mamma...e ce ne siamo proprio dimenticati.

La notte si confonde con il mare
negli occhi la fatica dell'attesa
sognare via lontano un'altra vita
l'incontro all'orizzonte, al paradiso

L'antico forte appare tra le roccie
fantasma di un passato addormentato
memorie di catena mai spezzate
e di eterne schiavitù

Stringimi, lasciami Mama Africa, Africa
seguimi, chiamami Mama Africa, Africa

Donami la forza della lava
che ribolle nel tuo ventre violentato
perché possa riposare nel mio cuore
la rabbia che mi prende nel lasciarti andare via
che un giorno questa rabbia sia coraggio
sia radice e nuova linfa e resistenza
e maturi questa antica sofferenza in rinata dignità

Stringimi, lasciami Mama Africa, Africa
Seguimi, chiamami Mama Africa, Africa.

(Modena City Ramblers)



sabato 9 gennaio 2010

Glam angels.


Sembravano angeli.
Angeli dai corpi longilinei e delicati, le membra lunghe e proporzionate, i fisici asciutti, gentili e a tratti curvilinei, i volti variopinti come ali di una farfalla, gli occhi attenti e profondi come i passi felpati di un gatto.
E poi c'erano piume colorate che sporgevano dalle sommità delle teste, e lustrini, e brillantini, e accessori glitterati che si confondevano con lo scintillio delle luci.
Angeli-glam.
Voci cosi' soavi, quasi ultraterrene, gesti ampi e armoniosi, movimenti coreografici.
Ma dicono che gli angeli non abbiano sesso.
Si', si' che ce l'hanno, ma a noi mortali ci è cosi' silenziosamente velato...non lo vediamo, non lo capiamo, non lo vogliamo capire. E loro di giorno si nascondono come crisalidi, senza nessuna sottile timidezza, quanto per lasciarci ancora nell'ombra dell'incertezza.
Poi quando riesci a vederli, perchè prima di tutto riesci a percepirli, resti abbagliato come davanti alla luce di una cometa, come fossi al centro di un antico culto pagano.
Guardali, sono bellissimi.
E sai cosa? Non sembrano angeli. Lo sono.