domenica 4 dicembre 2011

No Time, no Space...

Stanca e stufa marcia della generazione di "adulti" alti come muri invalicabili, duri come il travertino, avversi ad ogni confronto che possa anche solo provare a smussare di un millimetro le chilometriche irregolarità del loro carattere.


Cos'è che vi indurisce, LIMORTACCIVOSTRA, voi che avete avuto 20 anni negli anni '80, rilassatezza economica, Tv domestica e a colori, Italia campione del mondo, i migliori film, il muretto sotto casa, la pizza del sabato senza rischio di incidenti d'auto e il posto di lavoro assicurato...spocchiosi e alteri come quelli che hanno fatto la guerra, ma a voi manco quella è toccata! Cosa vi ha turbato, Chernobyl, l'attentato a Giovanni Paolo II o la morte di Bob Marley?


Sì, io a 23 anni e mezzo, so per certo di mettervi a tacere in un batter d'occhio, che le vostre sentenze da guru non mi hanno mai fatto effetto, di alto contenuto morale pari a colui che dice, con la sigaretta tra le dita, che fumare fa male!


Il vostro "Senno del Poi", o miei adulti venerandi, mettetevelo da un'altra parte, che la vita si costruisce a 20 anni, come a 30 e come a 40 o a 50!


Cosa sapete dei giovani d'oggi, come fate a sputare sentenze velenose degne della prima comare di paese affacciata alla finestra il giorno della Madonna Assunta in Cielo?


La verità invece è che alla fine, ognuno ha quel che si merita...e noi che nasciamo dal letame della disoccupazione, dalle pasticche di antidepressivi, dall'olezzo del precariato, da giri marci di amicizie sbagliate e sgangherati valori morali, avremo di certo maggiore soddisfazione nell'emergere, alla soglia dei 50 anni, da questo girotondo infernale di insicurezze, mentre voi, godetevi la vostra "maturità" adesso, dall'alto della vostra torre di dolciumi e caramelle, che rovinerà presto a terra perchè priva di ogni sangue e sudore, godetevi le vostre mediatiche vittorie al plasma, che della colorata dance degli anni '80 non rimarrà che un ricordo.


Sì, ho fatto di tutta l'erba un fascio, preciso che ci sono eccezioni, naturalmente.


Ma sono rare come trovare un buon cattolico, che prima di andare la domenica in chiesa, è innanzitutto un cristiano.


Ma stasera vi mando tutti a quel paese, pecore e lupi, coinvolti e non, democristiani e comunisti, servi e padroni, impiegati statali e liberi professionisti...vaffanculo a voi, Vamos a la Playa, i Duran Duran, la Thatcher, Gianni Agnelli, gli yuppies e i compact-disc!

lunedì 28 novembre 2011

Itaca

Questo post non pretende di assurgere ad una qualche sacra verità oracolare, nè puro tentativo pseudo-precettistico, anche perchè intorno a tale tematica gireranno sempre come satelliti in perenne attrazione gravitazionale, milioni di tesi, ipotesi, congetture più o meno dottrinali, assilli, crucci ed ispirazioni che contraddistinguono dalla notte dei tempi l'essere umano.
Etimologicamente la parola senso appartiene ad una sfera di significato che coinvolge ciò che si percepisce consapevolmente col proprio corpo, che sia concreto o irrazionale, il senso è il sale quotidiano attraverso cui orientiamo ed indirizziamo scelte, percorsi, decisioni più o meno importanti.
Ed il senso della vita, allora?
Un anno fa, Mario Monicelli si lanciava dal quinto piano dell'ospedale San Giovanni, ormai malato di cancro in fase terminale, scegliendo così di porre fine alla sua vita a 95 anni d'età.
Il suo corpo, ha sentito consapevolmente di essere da tempo approdato alle rocciose coste della sua Itaca personale ed ha scelto quasi un dolce e goethiano ripiegamento su se stesso e sul significato di una personale ed ultima riflessione sul senso della vita:

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.

Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso

già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

(Itaca, K. Kavafis)


Ed è nell'attesa di diventar savi tutti, che dobbiamo disporre del prezioso sale che c'inebri di venti o tempeste, mattini o tramonti, il viaggio verso quella meta silenziosa, che forse nient'altro è che un vissuto a nostra immagine e somiglianza, come un riflesso sfocato ma appagato in un qualsiasi specchio d'acqua. Ultimamente m'incrocio con casi di vite altrui che si àncorano tra gli scogli di acque poco profonde, come deboli navi arenatesi troppo presto a causa di rotte sbagliate o marinai inesperti. Di loro a volte, resta un biglietto o una foto d'infanzia, che cerca di sovrapporsi al fisiologico ed incolmabile vuoto, lo stesso che forse stasera mi spinge a cercare ancora una volta un'appropriata definizione a questo senso che aggioga come buoi ad un aratro, noi esseri umani.


A te, come sempre va il mio pensiero.
Mi manchi tanto.

domenica 6 novembre 2011

Mary Pickford



...dolce, esile soffio di primavera Liberty.

Novecento appena nato.

mercoledì 2 novembre 2011

All Hallows Day




Mi chiedevo perchè da una decina d'anni a questa parte, c'è stato un tripudio ed una glorificazione della festività di Halloween, oltretutto (e per forza di cose, perchè d'importazione anglosassone) scevra di ogni significato storico e culturale.
Peccato per questo, perchè dietro alle orde di ragazzini esaltati c'è un interessante retroterra formativo...ma ok, ci vuole un pizzico di sforzo intellettuale in più a cui la voce da transessuale della De Filippi e le puntate di
Amici
ci hanno disabituato.
Forse che noi italiani ci sentiamo morire se veniamo privati del
panem et circenses
quotidiano? Sì, è così: dalla fine dell'estate, in cui più o meno l'italica specie è ancora cullata dal tepore settembrino, dai dorati raggi mediterranei di giorno e dalle luci notturne di pub e disco-beach arginanti i plumbei rigori invernali; fino alle intermittenze dello scintillante dicembre delle lucine natalizie, passa fin troppo tempo! Mica ci facciamo assorbire dall'autunno così, senza mercificarci neanche un pochino, senza spendere un eurino per un dentino di plastica da vampirello idiota? Ennò, suvvia, siamo italiani!

E poi vuoi metterci quella bella e sana dose di necrofilia che ci ha cresciuto a eroici suicidi di consoli ed imperatori, pestilenze che dimezzano popolazioni, sepolcri foscoliani, continue lagne coronate da quel
memento mori
(perchè uomo, che te sei messo 'n testa, polvere sei e polverei ritornerai, nùn te lo scordà te pijasse 'n colpo!) scolpito pure in un quadro a capo del letto di mia nonna, dove dormivo da bambina e mi svegliavo ogni mattina con 'sto teschio di Adamo sulla testa, che mi diceva: "Ancora a dormì stai? Sbrigati e vai a fare i compiti, che tanto devi morì!", ed esili fanciulle rapite nel fiore degli anni da Morte imperiosa (Silvia rimembri ancora quando te divertivi da viva e te credevi de nun morì?) e lerci lazzaretti manzoniani con la madre di Cecilia che ti faceva sentì 'na merda perchè la figlia era morta di peste e te no, stavi là vivo e vegeto a sbuffare mentre leggevi di disgrazie altrui?!
Sì, ci piacciono le cose un po' lugubri, diciamocelo, fino a prova contraria siamo figli dell'occidente medievale ed ogni volta che in Tv danno Sean Connery nelle vesti di Guglielmo da Baskerville, quanto godiamo a vedere quei morti sanguinolenti di neve e precipizi, veleno e roghi? Che, in fondo in fondo, siamo più halloweeniani di quanto non pensiamo?

Un po' credo di sì, anche perchè i nostrani antichi romani, ancora non colonizzati dall'Ognissanti cristiano, festeggiavano i Parentalia in onore dei defunti (anche se a febbraio), e forse tutto quest'entusiasmo per l'Halloween anglosassone fa leva sui tessuti primigeni dell'uomo moderno, che così come prova piacere e bisogno di dedicarsi allo sport ed allo sforzo fisico, in quanto sostitutivi della caccia e della battaglia campale, è sottointeso anche come sia sottilmente affascinato da pratiche in qualche modo insite, dalla notte dei tempi, nel proprio Dna.


Oppure, da dieci anni a questa parte, ci stiamo lentamente laicizzando e provando a vivere la notte della vigilia di Ognissanti tra il sacro ed il profano, esorcizzando con maschere, costumi e sfilate, quella che in Messico è chiamata Santa Muerte?
Considerazioni antropologiche o sociologiche a parte, io mi accontento di pensare che, per quella notte, il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti diventi davvero così sottile da permettere, se non l'accesso diretto, la sottile percezione che qualcosa di magico e soprannaturale si aggiri nell'aria.

Come il Samhain celtico, come un sabba wicca avvolto dalla notte costellata da fuochi e falò, dove al lamento della Dea che piange la scomparsa del Dio si unisce l'attesa dell'autunno che diventa più freddo e buio, dove la terra gelosa guardiana, conserva e protegge i germogli della prossima primavera e gli uomini ringraziano, per il loro sacrificio di sangue, gli animali macellati, che assicureranno la sopravvivenza durante la penuria dell'imminente inverno.

E' semplicemente sentirsi parte di questa Terra, al di là del dispotico distacco abilmente impostoci dalle sterili convenzioni sociali di mercato, è ricordarci oggi, che possiamo barricarci anche dietro colate di cemento, semafori, strade e ponti, neon, astronavi e tubi catodici, ma è dalla Natura che veniamo e che ci offre, costantemente, giorni di luce e buio, in una ritmica danza della quale eternamente faremo parte.


sabato 22 ottobre 2011

Aracne

Nella mitologia greca, quando in una storia succedono cose particolarmente avventurose o tristi ai protagonisti, alla fine come per ricompensa, gli dei si impietosiscono e trasformano sempre i personaggi in cose bellissime...costellazioni, rupi, alberi, delfini o uccelli.

Ed è così che gli amanti, le madri, le spose, restano uniti per sempre.

A volte vorrei che gli dei trasformassero anche me.

Una costellazione sarebbe troppo, non pretendo tanto...mi basterebbe anche un ragno, come Aracne.

Perchè sono più ragno che stella.

Entrerei non veduto, tra le mura della tua casa, dormirei nelle tue tasche.

Filerei una piccola ragnatela, sottile ma resistente, che scintilla nei giorni di pioggia.

Grande abbastanza da ospitare anche te, nel caso chiedessi agli dei di diventare un ragno come me. Potremmo nasconderci tra le piaghe rugose della corteccia di un ulivo, quando il vento cambia o la pioggia diventa neve.

Non so quanto vivono i ragni, ma poco importa: a noi, alla fine, sarà sembrata una vita lunghissima e piena, la più bella che potessimo desiderare.

venerdì 21 ottobre 2011

Inchino


Dall'ultimo concerto di Andrea Parodi.
Cagliari, 22-09-'06

lunedì 17 ottobre 2011

I capponi di Renzo

Apro una parentesi abbastanza frettolosa, dopo un'illuminante lezione all'università e sulla scia dei fatti di sabato pomeriggio a Roma, di cui mi sono ampiamente sfogata nel post precedente.
Leggendo il III capitolo de I Promessi Sposi, il senso pratico del personaggio di Agnese è racchiuso in due o tre affermazioni proverbiali, contestate stamattina dal professore durante la lezione. Ad un certo punto, si legge:

Sentite, figliuoli; date retta a me, (...)

io son venuta al mondo prima di voi;

e il mondo lo conosco un poco.

A. Manzoni, I Promessi Sposi, Cap III, Vv. 68-70.


Il mio professore leva gli occhi, ci guarda un momento e poi, come fa sempre quando non si capisce se sembra che pensi o parli, a voce bassa e guardando un punto imprecisato in lontananza, dice piano: " Questa cosa che i vecchi sanno tutto poi...non è vera. E' come se io, a 66 anni, vi dicessi di darmi sempre retta solo perchè sono più vecchio di voi, quando non so nulla in realtà. Voi sapete cose che io non so. I giovani sanno cose che i vecchi non sanno. Ma già...che parlo a fare, quando qui si arriva ad avere il potere solo perchè hai 80 anni ".


Punto. Grande lezione d'umiltà e di saggezza.


Seconda parte.


Arrivati al punto dei poveri capponi legati insieme a testa in giù, che Renzo porta con sè per offrirli ad Azzeccagarbugli, si legge:



E faceva balzare quelle quattro teste spenzolate,

le quali intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra,

come accade troppo sovente tra compagni di sventura.



E cosa mai è accaduto sabato, se non una guerriglia stupida tra animali da macello, che invece d'esser compagni hanno pensato bene di beccarsi tra loro?


Letteratura viva, psicologia, storia dell'umanità.
Italiani come i capponi di Renzo.
Grazie di cuore al prof. Longo per questi spunti illuminanti.









domenica 16 ottobre 2011

Piazza S. Giovanni..."di dolore ostello".







E ad un tratto, il fumo nero e denso che pare originarsi per somiglianza di tonalità dai sampietrini che avvolgono da basso la piazza, si fa tanto corporeo da diventare come una cortina spessa di piombo, su cui la telecamera del tuo occhio vigile si ferma e lì resta, immobile.


Oltre al danno (una laurea da incorniciare che mi incorona Intellettuale Soddisfatta...poi, soddisfatta di che non lo so, ma non mi va di aprire un'intera digressione sulla merda che circola nelle Università italiane), la beffa, la frustrazione e l'immane RODIMENTO DI CULO, per aver beccato lacrimogeni gratis e rischiato una linciata a causa di teppistelli forti di una tracotante violenza, che, evidentemente, di lavoro e sacrifici non sanno niente (bruciagliela, la macchina, al tuo papà...poi vediamo se ti viene ancora la voglia di giocare al proletario incazzato!).

E, mentre strappano e bruciano un tricolore, si fanno fotografare pure con la maschera di V per Vendetta: a parte l'ignoranza fonda come un pozzo artesiano profondo chilometri sottoterra che è racchiusa in un gesto così sporco e perfettamente coincidente con i propositi del più ottuso padano leghista del cazzo (perchè c'è gente che per fare quel tricolore - fare, ho detto FARE!!! - c'ha buttato il sangue, ha fatto guerre e guerriglie che ci hanno permesso di diventare una nazione, ed affrancarci da quell'ostello di dolore di cui parlava Dante nel VI canto del Purgatorio); in più, la sciolta e disinibita consapevolezza di indossare una maschera che richiama ad un film in cui la rivoluzione è stata fatta facendo saltare in aria il Parlamento inglese, mirando al cuore del potere, ripristinando i cardini della società civile andando direttamente alla soluzione del problema.

Il punto é: stai facendo il rivoluzionario, inneggi a Guy Fawkes, William Wallace o chi ti pare? E allora, da bravo, ti dirigi a Montecitorio e ci piazzi una bella bomba. Fucilate a tuo rischio e pericolo, ma è così che si fa la guerra.

La solita Italia di vandali e vandalismi, la solita voce di piazza (rinforzata dai veleni manipolati delle quattro ordinarie testate giornalistiche che non informano ma accusano) che contamina una manifestazione oltre che pacifica, giusta e quant'altro, di livello globale, di esasperazione collettiva, di famiglie ed anziani che non arrivano con stipendi e pensione a fine mese, di giovani senza lavoro che giocano a battaglia navale con la pergamena di laurea.

Poi logico, a completare il tutto, arriva il solito stronzo borghesotto con lo scooter che abità là sotto, a dire, con l'aria di uno che è stato disturbato da troppo clamore mentre era sulla tazza del cesso: "Ancora co' 'ste manifestazioni, ma non avete capito che non cambia un cazzo, che le cose vanno come vogliono loro? Ma pensate a voi stessi!". Certo, perchè se ora navighiamo in un mare di escrementi, la colpa è di chi ha pensato a sè, di chi dice: "Eh, tu sei la classica persona che sputa nel piatto dove mangia", di chi ha considerato il paese in cui vive un PIATTO DOVE MANGIARE E BASTA. Anzi, un piatto è troppo. Una ciotola per cani. Una mangiatoia.

Ieri io ho avuto paura. Non solo per la tensione che tagliava l'aria come un coltello, ma anche per il fatto di aver sprecato un'occasione, un pomeriggio. Invece, a pensarci bene, lo rifarei. Non è cambiato niente, ma il mio dissenso perchè starò a casa fino a trent'anni mi distingue dal signorotto col Woolrich che scende sotto casa infastidito, perchè la Tv è una bomba a mano che vomita veline ingravidate (sì, come le vacche da riproduzione e basta) dal primo calciatore o presidente di turno (e basta con la stronzata del "Eh, ma se quella è una bella ragazza...si vede che se lo può permettere!" Cosa, si può permettere cosa, cristosanto, di usare il fatto che sia una FEMMINA per ghermire, come i falchi, milioni di euro al mese, quando ci sono altre FEMMINE che non hanno i soldi per pagare neanche l'affitto di una stanza?), e perchè, cosa ancora più grave, gli universitari ed i giovani in generale, non ripiegano più sulle proprie passioni, ma sulla facoltà che offra sbocchi lavorativi proficui, redditizi, produttivi...e soldi, soldi, soldi, che trionfano pure sull'individualità di ognuno...ma è una storia vecchia come il mondo.

A me resta, oggi, la mia letteratura a consolarmi, perchè parla dell'uomo. Anzi, dell'Uomo.

P.S.

Ah Dante, avevi ragione tu:



Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!


Purgatorio, Canto VI, Vv. 76-78

martedì 13 settembre 2011

Breakfast at Tiffany's



Finalmente ho visto Colazione da Tiffany, per riempire un pomeriggio ancora afoso di settembre e soprattutto spinta da una sottile curiosità verso l'icona Hepburn, per me troppo inflazionata, stampata maniacalmente su carte, stoffe e plastiche così come la Monroe in quest'epoca di bava vintage.



Mi viene un po' da ridere: ricordo di aver visto una miriade di ragazze con il volto di Audrey Hepburn stampato anche sulla fronte, ho conosciuto giovani donne dall'aria scialba, tarchiate e con un collo da torello che esibivano borse con quella foto dell'attrice ritratta col tubino nero, i capelli raccolti e l'immancabile, lunghissimo bocchino per sigaretta, cercando forse di imitarne la grazia e la scioltezza.



Ragazze appena ventenni, studentesse iscritte ad una qualche facoltà "che dia un tono" come Medicina o Giurisprudenza, che di colpo una mattina si svegliano e decidono che sia ormai arrivato il momento di adottare l'immagine da donna in carriera, col soprabito dai toni pastello e lo specchietto nella borsa, magari nera con la Hepburn impressa sopra.



Ed eccole che scambiano i viali di Tor Vergata per quelli di una New York romantica ed autunnale, immaginando che l'ombra dorata del sole di settembre allunghi i loro corpi robusti come da costituzione mediterranea, in snelle figure, flessuose per dolcezza ed armonia, luminose di luce hollywoodiana.



Tristezza, tristezza profonda, ma quante ne ho viste.



E poi sì, è una categoria che non sopporto: le donne prive di personale identità mi stanno sul cazzo, va bene? Ancora più degli uomini. Non ho mai visto un ragazzo patito, che ne so, per il mito di Spartaco (visto che in questi giorni mandano su Sky quella "cosa" pacchiana, ibrido tra Xena e 300 di Spartacus - Gli Dei dell'Arena), andare in giro coi sandali e il gladio.



Un conto è l'atteggiamento, un conto è acconciarsi ad icona di stile anni '60 anche se sono un barilotto Heineken da 5 litri!



Tornando al film (e non m'interessa fare un'analisi strutturale da blog triste del primo pseudo-critico-cinematografico iscritto al primo anno del Dams, la rete ne è piena e va bene così), sicuramente all'altezza delle aspettative, anche per la colonna sonora e la bellissima Moon River che non conoscevo.



Peccato per la fine plastificata della povera Audrey. E pure di Marilyn e di tutte quelle povere attrici che hanno cercato di dare un senso a loro stesse, e che invece vengono sbattute e confezionate nella zuppa Campbell o nelle voci di un Mika qualunque, Grace Kelly e Merda d'artista.

domenica 11 settembre 2011

Figlio del riso





Mi ricordo che quand'ero una bambina, spesso seguivo a piccoli passi mia madre al cimitero del paesino di cui è originaria, un agglomerato di casette e casupole disseminate in una vallata del Sud Italia, umida di zanzare d'estate e nebbiosa di fuligine d'inverno.


Trotterellando tra siepi squadrate e vialetti di ghiaia e cipressi, mi piaceva guardare l'immensa distesa di fiori colorati che sembrava ogni volta dare forma ad un cuscino morbido e gigante, che immaginavo svettare tra le lapidi di marmo bianco, troppo seriose per entrare a far parte delle fantasie di una bambina annoiata di sei anni.


E guardavo i piccoli bassorilievi di santi, angeli e cristi morenti ai piedi delle croci, le fotografie ovali che ritraevano visi anziani, raramente giovani.


Tra quella strana collezione però, c'era il piccolo loculo di un bambino che ogni volta attirava la mia attenzione, facendomi fermare buoni dieci minuti prima di arrivare al "nonno Michele" che mai conobbi e che salutavo posando le labbra in un bacio diretto sul freddo liscio del marmo.


Si chiamava Simone Scotti, nato e morto nel 1981 e a pochi mesi dalla nascita.


Era un neonato, di pochi mesi, steso tra lenzuola bianche.


Non capivo: perchè la foto di un bambino tra quei visi adulti, di nonni e nonne, prozii e bisnonni, persone "grandi" che poi si erano ammalate come nonno Michele e ora stavano con Gesù.


Non ci si ammala da nonni? Non si muore da vecchi?


No.


E l'ho capito col tempo.


Quando ti ho visto andar via a soli ventidue anni di vita, per una malattia di cui muoiono i nonni che hanno fatto cose e visto nipoti, piantato ulivi e bevuto vino, portato la Madonna del Castello in processione ogni estate e fatto l'amore con la propria sposa nei letti bianchi di cotone ricamato.


E tu che hai fatto, tu, come quel bambino, Simone...che avete potuto fare con la vostra vita, plasmarla a piacere vostro fino a che punto?


Tra le tante risposte che potrei darmi, mi balena sempre alla mente il Menandro eco di studi classici: "Muore giovane chi agli dei è caro."


Sì, ma non è una conclusione soddisfacente. E allora ecco che sguinzaglio gli sproloqui sul destino, l'equilibrio cosmico, la metempsicosi e la semplice e pura volontà del Dio cristiano, che voleva prendersi Isacco e alla fine l'ha fatto davvero.


Non c'è stato agnello, montone o pecora a sostituire questo "figlio del riso" preso esattamente un anno fa, non c'è stata benevolenza divina o epifania di salvezza, ma solo una croce montata ed inchiodata nel giro di un anno.




"Alle piaghe, alle ferite che sul legno fai


falegname, su quei tagli manca il sangue ormai


perchè spieghino da soli, con le loro voci


quali volti sbiancheranno sopra le tue croci."







A te,


cugino,


amico,


compagno.


Un anno che te ne sei andato,


figlio del riso come Isacco,


ora in un esercito di angeli a guardare i mortali.

sabato 30 luglio 2011

Infinitamente


Era il tempo dell’Inverno ormai
E Francesco, Perugina lasciò
Con Leone camminava
Ed un vento freddo li gelava.
E Francesco nel silenzio
Alle spalle di Leone chiamò:
“Può essere santa la tua vita,
sappi che non è letizia,
puoi sanare i ciechi e cacciare i demoni
dare vita ai morti e parole ai muti,
puoi sapere il corso delle stelle,
sappi che non è letizia.
Quando a Santa Maria si arriverà
E la porta non si aprirà,
tormentati dalla fame,
nella pioggia a bagnarci staremo,
sopportare il male senza mormorare,
con pazienza e gioia saper sopportare.
Aver vinto su te stesso
Sappi, questa è letizia.


(A. Branduardi)

E' veramente una cosa difficilissima, questa.
E' qualcosa come trovare la forza nella debolezza propria di ogni animo umano, credo. E' qualcosa come trasformarsi in albero. Ascolto questa canzone come fosse un nonno a dirmi queste parole. Non ho mai avuto un nonno. Niente di così saggio mi è mai stato detto. Branduardi ricalca a perfezione la voce fuori campo di narratore medievale e quella di Francesco D'Assisi, così che spesso le due coincidono in una sorta di training mentale, fino al tripudio delle campane di Santa Maria. Aver vinto su te stesso, dice alla fine. Imparare a diventare levigati come un piccolo sasso che giace sui fondali marini, di quelli così puri e tondi che sembrano modellati con acqua e farina. Invece erano pieni di asperità ed irregolarità, screziati da colori impastati di sabbia ed alghe, e i pesci non vi nuotavano intorno. Eppure non è successo nulla che turbasse il loro equilibrio, sono sempre stati parte dell'ecosistema marino, nessuna finzione è intervenuta a risanare la loro tenue fisicità. Sono rimasti, umilmente, dei piccoli sassi da fondale. Hanno lasciato che l'acqua del tempo li pulisse e levigasse, hanno accettato le tempeste ed i maremoti, non passivamente, ma con la consapevolezza di far parte di un sistema di vita preciso. Perchè non è vero che i sassi sono duri e la roccia non cede. Anche il vento cinge i fianchi delle montagne. Perchè tutto è parte di un delicato equilibrio cosmico, dove ogni cosa è intrecciata all'altra e non esistono sistemi chiusi a sè, anche i sassi (per eccellenza quanto di più immobile e non-vitale esista) vengono coinvolti nei processi naturali, così come i ghiacci ed ogni altra cosa organica ed inorganica. Come in un immenso nodo celtico, di quelli tutti intrecciati e labirintici.

'Cause I believe there's the place
there's a place where we belong.

(Don't give up).

giovedì 28 luglio 2011

Tende di mare




Notti blu oltremare di vento che sferza teli stesi e tirati da tende aggrappate alla terra.
Notti fresche e spruzzate d'acqua salata e dolce, nera e turbinosa, mossa da mille mani di ninfe oceanine, e cavalli d'argento e carri di sassi, sabbia e conchiglie.
Notti di stelle appoggiate sulla linea del mare, calde di vino e di favole, e di ore mai contate.
Notti tra il verde dorato, il bronzo e l'ambrato, di mani intrecciate e strette come le corde di barche ormeggiate.
Notti preludio di vita pacifica come l'azzurro marino e le onde violette del giorno di sole e nuvole seguente, a tratti ventoso, sempre sicuro nel porto calmo di quiete, fitta ombra delle ciglia dei tuoi occhi, mare di verde tramonto, sera scura di onde e capelli.

giovedì 7 luglio 2011

Cinque minuti



Cinque minuti under_depre.
A chi devo chiedere un momento per parlarti? A nessuno.
Oh, complimenti, hai educato talmente bene mia sorella che il 1 luglio non ha mancato l'appuntamento all'Olimpico. E un po' pure me, perchè prima ero totalmente intollerante, adesso tra tuo zio e lei, sono costretta a sopportare. Dicesi ' ricordo affettivo '.
L'altro giorno ho parlato con un prete totalmente idiota, di quelli partoriti esclusivamente da S. Giovanni, l'Apocalisse e la Santa Madre Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Lui parlava nell'illuminazione divina, io mi limitavo ad annuire con la testa.
Mi ha fatto passare la voglia di riconciliarmi con un lembo di spiritualità cristiana. Non cattolica, cristiana. Ma a quanto pare le due cose vanno inderogabilmente di pari passo.
Sai che c'è? Alla fine non me ne frega niente.
Alla fine non me ne frega niente se io ti porto i miei problemi a casa (anzi, in chiesa) e tu li chiami 'peccati', se parlo di situazioni concrete e per me labirintiche e tu mi rispondi con le apparizioni della Madonna a Manduria.
E' vero che non ho più diciotto anni, è vero che ho superato l'atteggiamento polemico adolescenziale con qualsiasi tipo di cosa, ma cazzo, tu fottutissimo pecorone cattolico, mi strappi le bestemmie di bocca!
Che poi, io neanche bestemmio.
Forse sono davvero una marea di stronzate. E' che non mi va di dare le cose per scontato a priori, e questa cosa mi frega sempre.
Ma tu che fai invece?
Dove sei? Dove?

lunedì 20 giugno 2011

Gold


Passeggiata serale con Sara, docile labrador dei vicini.
Lei mi scivola silenziosa accanto, misura i passi col suono cadenzato del respiro.
Non fa domande, non sa dove la porto, ma si affida senza strattonare neanche una volta il guinzaglio.
Il tono ambrato del suo mantello si mescola col sole dorato che sta tramontando, con l'erba rossa di un campo abbandonato dall'ombra al margine della strada e con il belato lontanissimo di un gregge di pecore a valle.
Un'automobile mi sfreccia vicina.
Chi la guida, un uomo sulla trentina, avrà fretta di tornare a casa. In fondo sono le otto, avrà una moglie o una compagna che starà preparando la cena. Magari dei figli piccoli.
M'immagino la scena di quiete familiare, malinconicamente.
L'auto grigia sparisce in fondo alla discesa, e mi sembra una piccola formica che rientra al formicaio.
Perchè quello che è così facile e naturale, oggi ce l'hanno reso difficile?
Guardo Sara, forse in attesa di una risposta, ma lei è impegnata ad annusare l'erba qua e là.
D'un tratto la luce diventa liquida nei miei occhi, il giallo dorato cede il posto ad un mare bianco e trasparente.
Richiamo Sara e le riaggancio il guinzaglio.
I suoi occhi marroni incontrano i miei.
Mi appoggio al suo sguardo per un po' e poi torniamo a casa.

venerdì 20 maggio 2011

A horse with no name



Ho attraversato il deserto su un cavallo senza nome



Mi sentivo bene lontano dalla pioggia,



nel deserto puoi ricordare il tuo nome



perchè non c’è nessuno che ti causi dolore.






(America)






domenica 15 maggio 2011

Enter life





Unico, saldo, eterno, comprensibile ed inconoscibile possesso della rara realtà essenziale.





Forza motrice nella giungla della vita, futuro liquido in via di solidificazione, alba senza tramonto, fino all'inevitabile eclissi biologica della vita, che ti vede invecchiare con spirito indomito accanto a chi, per te, si voterà se necessario a cambiare anche il corso delle stelle.





A chi, con te, crea e stringe in mano la leggenda della vita.





" The myth of life





You hold in your hand ".





lunedì 9 maggio 2011

Stream of consciousness partenopeo




pensiero contorto di un post-risveglio di un maggio ventoso troppo ventoso che forse presagisce qualcosa a dar retta al mio cane che è una settimana che all'alba mi sveglia uggiolando c'è come odore di cataclisma nell'aria sti cazzi della psicosi collettiva dell'inutile allarmismo e delle notizie fasulle bla bla bla i pianeti che s'allineano ci sono davvero è inutile che google mi metta i disegnini carini che oggi è il 76esimo anniversario di Hargreaves sai quanto me ne frega a me che io monto la tenda e tanti saluti e sciò sciò ciucciuvè aglio fravaglio fattura ca nun quaglia corne e bicorne cape e alice e cape d' aglio uocchie sicche code e vacche palle meze palle chiuove cape e razze e cape e pazze alluntanate tutt e disgrazie pappavalle barbagianne cuorve taccule e curnacchie levatece ra cuoll tutte sti macchie TIE TIE TIE




domenica 1 maggio 2011

Intermezzo






Stanotte, finalmente, ti ho sognato. Sorridevi sempre e tutti ti abbracciavano.

Io mi ti sono buttata al collo e tu hai fatto una faccia come a dire: "Eh...ho visto cose che voi umani..."

Sarà perchè ieri sono stata in un negozio di batterie forse, ne ho cercata con gli occhi una bianca ma non c'era. Ne ho vista solo una con dei disegni rockettari in nero e lo sfondo bianco, ma penso che non ti sarebbe piaciuta.

Poi, alla fine, te ne sei andato, ma stranamente è come se tutti l'avessero sempre saputo e se lo aspettassero già.








giovedì 28 aprile 2011

Kyashan e contratti sociali




Non è un caso aver avuto accesso al mondo in questi anni. Non è un caso che la mia combinazione di cellule abbia portato alla creazione di me stessa. E' assodato che la terra giri al contrario e che ci vorrebbe una bella bomba sul sistema o una neo-Rivoluzione Francese a fare piazza pulita e disinfettare ogni cosa...ma non è almeno consolante il fatto che un Altro Te non sarebbe sopravvissuto a questi anni di disagio?




E' come una selezione naturale: la giraffa dal collo lungo s'è adattata alle foglie dei rami alti, noi giovani sospesi tra il precariato e una pistolettata alla tempia ci siamo perfezionati per sopravvivere alle intemperie di questa cazzo di crisi, di questo fottutissimo governo, di questa macabra società a misura di tutto (pure di androide...non mi stupirei se arrivassero Kyashan e Flender) tranne che a misura d'uomo.




Bel contratto sociale.




Anche se, ogni innovazione filosofica, artistica, letteraria ecc.ecc, si relaziona al periodo storico e decontestualizzarne la base teorica e la spinta propulsiva è roba da pazzi, non è stupendo vedere come anni e anni di evoluzione, ci portino ad una realtà esclusivamente meccanica (neanche più strumentale) ed umanamente alienante?




Non mi dilungo, non ne vale la pena: sono cose talmente scontate da essere diventate un luogo comune.




Aspettiamo.




Aspettiamolo 'sto Kyashan che ci salvi dagli androidi di Mediaset e dal precariato.




In ogni caso, chi ha sbattuto una tesi in faccia agli androidi del Grande Fratello e campa con 650-800 euro al mese, chi prosegue sulle strade della purezza artistica e della verginità intellettuale...è già lui stesso il Kyashan della propria coscienza.




E non serve altro.








giovedì 14 aprile 2011

Parsley, sage, rosemary and thyme


Ciao Piccolo Tu, che forse non sei ancora Tu.

Lo sai che ora saremo di nuovo in cinque? Certo a quale prezzo.

Chissà se senti l'amore farti la carne, la pelle ed il sangue.

Stai venendo con carri di fieno ed erba seccata al sole, ammucchiata in covoni pressati da larghe mani callose, passi pesanti, gambe stanche e schiene curve di donne coi fazzoletti in testa ed i neonati paffuti attaccati al seno.

Stai arrivando con una scia di terra d'orto ed alberi da frutto, asinelli che trottano con fascine di legna sul dorso, soldati spediti al fronte che tengono la foto della promessa sposa nelle tasche, processioni di Madonne Incoronate dai boccoli neri e le labbra bianche, luci a festa e campane che scandiscono i pomeriggi bruciati dal sole o gli inverni secchi ed umidi di pioggia e nuvole gonfie, che rintoccano sugli alberi di fiori bianchi come la neve, sui balconcini stretti dei palazzi scrostati dal tempo e dal vento che muove i panni stesi ad asciugare al sole, le foglie di piantine d'edera lasciate un poco penzolare, i pollini e i pulviscoli che cadono in strada e i lembi delle gonne di donne indaffarate con le buste di pane, e di vecchiette vestite di nero che salutano sorrisi dai solchi di rughe sottili.

Stai correndo nella piazza grigia di cemento, tonda di gente a circolo che gioca a carte sulle sedie del bar, di urla di bimbi e rombi di motorini, di cagne che annusano a terra seguite dai cuccioli con passi malfermi ed incerti, i passi con cui anche tu, Piccolo Tu, cercherai di seguire il mondo che gira lento accanto al palloncino che stringi in pugno.


mercoledì 13 aprile 2011

Animali Totem


Tutti dovrebbero trovare il proprio Animale Totem.

E' salutare, ci sarebbero meno compulsioni, ossessioni e nevrosi. Questo perchè un animale è perfetto, unico ed incomparabile nel modo di manifestare la propria natura. Non esiste un cane, orso, sciacallo o lupo "bravo" o "giusto". Esiste solo il modo in cui l'essere umano si approccia ad esso, palesando un atteggiamento contaminato da pregiudizi sociali e non.

L'Uomo non è unico, l'Animale sì: la nostra è una specie colma di tare genetiche e deviazioni comportamentali spesso amplificate ed esasperate dal nostro "habitat". A volte le azioni umane si riducono a pure convenzioni.

Tutto questo è disarmante.

Io ho i miei tre Animali Totem che non ho cercato. Sono loro che mi hanno trovato... e scelgo io cosa prendere dall'uno o dall'altro, cercando di armonizzare tutti e tre. A seconda del "pericolo" fiutato, decido quale caratteristica dei tre imitare. Ma è un cammino lungo.

Devono ancora addestrarmi bene... ed è rassicurante sentirli riempire l'infinita solitudine dell'essere umano.



lunedì 11 aprile 2011

Veleno

Perchè noi da piccoli stavamo con:



e:



Altro che "Il mondo di Patty" e "High School Musical".
Poi ci si lamenta della diciottenne che vuole fare la velina.
Mavvaffanculo, va.
A Patty, le cheerleaders, le Winx, alla donna che sbandiera la sua maturità facendo figli e la pseudo-indipendenza da neofemminista diventando manager di sè stessa e sbattendo i pargoli dalla baby-sitter, all'uomo che se ne infischia, esce di casa e si stanca subito della famiglia, a quei libri per genitori deficienti scritti da eserciti di psichiatri e pediatri, del tipo: "Cosa fare se tuo figlio fa i capricci", alla casalinga trentenne tirata a lucido che va a prendere il figlio a scuola col Suv ed assolda la rumena per pulire casa perchè "Va tanto di moda, così ho tempo per me stessa...e poi mi si rovinano le unghie se strizzo lo straccio a mollo!".
Tutti a zappare la terra. Poi voglio vedè se c'hai ancora la voglia di crescere tua figlia a Winx cubiste e cheerleaders cretine.

Buddha, greci e pellerossa.


Ogni volta che ti vengo a trovare è sempre la stessa storia, e credo che non mi abituerò mai...com'è giusto che sia.

Ci sono cose a cui l'essere umano non può adattarsi, per quanto abbia imparato ad acclimatarsi a qualunque condizione, non riuscirà mai a deporre le armi di fronte ai precipizi della propria anima...la guerra l'accompagna sempre, e qui cito indirettamente pure i Joe Contromano parolieri di una sacra verità. Parlo della parte 'nera' che si amalgama in modo distruttivo alle circostanze esterne, il lupo cattivo delle leggende cherokee che viene addomesticato solo da Crono guaritore...ma sì, mischiamo pure mitologia pellerossa e greca, che ci frega, è come dire che Buddha è cristiano, però forse è inevitabile trovare somiglianze nelle cose umane, sempre da questa terra in fondo veniamo.

Comunque, è semplicemente impensabile che io me ne stia là a fissarti col cuore rassegnato e privo di spasmi. Trovo sempre un cazzo di angolo della mente che sussurra: "Ma no, no, tanto non è vero". Fottuto, bugiardo, ipocrita istinto di sopravvivenza.

Chissà, forse nel buddhismo è solo un passo in più verso l'Illuminazione.

Ma in questo momento sono troppo occidentale per sprofondare nel relativismo.


P.S. Ho appena detto un paradosso ma non me ne importa niente.



venerdì 8 aprile 2011

Pure morning


L'Amore mio

e' roccia ormai


e sfida il tempo

e sfida il vento

e tu lo sai.



(L. Battisti)






giovedì 7 aprile 2011

La strada


Strada senza passi

di massi stretti come lacci

di alghe a foglia tonda

nere e sparse nella fogna.



Strada buia senza lampioni

di pace, paura e indecisioni

di stomaco steso al contrario

sul filo teso del bucato.



Strada da acchiappare con le mani

per non lasciarsi scivolare

che tu sei più profondo della notte

e costruisci il nido con mano forte.



Strada per i tuoi occhi dorati

che si allarga e stringe e gira

cinge i fianchi della montagna

aspra e rocciosa, di azzurro colorata.



Strada senza stormo e senza branco

di fiducia solitaria per quegli occhi

di cuori vicini o mani lontane

capelli che vanno coi propri pensieri

ma passi che battono gli stessi venti.