lunedì 20 giugno 2011

Gold


Passeggiata serale con Sara, docile labrador dei vicini.
Lei mi scivola silenziosa accanto, misura i passi col suono cadenzato del respiro.
Non fa domande, non sa dove la porto, ma si affida senza strattonare neanche una volta il guinzaglio.
Il tono ambrato del suo mantello si mescola col sole dorato che sta tramontando, con l'erba rossa di un campo abbandonato dall'ombra al margine della strada e con il belato lontanissimo di un gregge di pecore a valle.
Un'automobile mi sfreccia vicina.
Chi la guida, un uomo sulla trentina, avrà fretta di tornare a casa. In fondo sono le otto, avrà una moglie o una compagna che starà preparando la cena. Magari dei figli piccoli.
M'immagino la scena di quiete familiare, malinconicamente.
L'auto grigia sparisce in fondo alla discesa, e mi sembra una piccola formica che rientra al formicaio.
Perchè quello che è così facile e naturale, oggi ce l'hanno reso difficile?
Guardo Sara, forse in attesa di una risposta, ma lei è impegnata ad annusare l'erba qua e là.
D'un tratto la luce diventa liquida nei miei occhi, il giallo dorato cede il posto ad un mare bianco e trasparente.
Richiamo Sara e le riaggancio il guinzaglio.
I suoi occhi marroni incontrano i miei.
Mi appoggio al suo sguardo per un po' e poi torniamo a casa.