lunedì 13 febbraio 2012

Futuro semplice

Ti ho visto per la prima volta
in un giardino d'estate.
Serio, non hai mai sorriso
ma eri già futuro semplice.
La seconda volta
avevi un cappuccio sulla testa,
scolavi la pasta, scherzavi e ridevi.
Ti ho pensato forte e tanto,
ti ho afferrato le mani
tra le grinfie del tempo,
futuro semplice.
Ti ho versato, piano,
liquida anima tra le labbra rosa.
Mi hai dato da bere
bicchieri della tua vita scura
fino a quel momento, ombra.
Futuro semplice
un bosco d'estate
è stato l'altare
i grilli hanno suonato l'organo.
Abbiamo vissuto tra mare e città
abbiamo avuto cento figli,
tutti con i tuoi occhi
e le mani affusolate.
Futuro semplice
e ancora dobbiamo
pensare ai loro nomi,
costruirne le culle,
scegliere i visi e le labbra,
i nostri piccoli dormono ancora.
Dobbiamo fare e vedere
mani, occhi, gambe, strade, vie,
io e te a cinquant'anni
nella prossima nevicata romana
passeggiando a Via Cavour,
davanti al negozio di musica,
con disegni da inventare,
poesie da scrivere
ed altri cento figli da fare.
Il futuro è semplice.


A Giulio

lunedì 6 febbraio 2012

Alla neve


La cosa più bella è la luce bianca che sembra irradiare purezza attraverso il vetro trasparente.
Luce, freddo e silenzio, ombre chiare ed inconsistenti seminate per la campagna immobile sotto il candido manto di neve.
Merli, merli neri dal becco arancione vivissimo che s'appoggiano finemente sul bianco assoluto, lasciando sottili segni con le loro zampe, pronti a diventare subito vento.
Tutto è un unico pezzo gelato, mondo come Uovo Primordiale, solido e ghiacciato di vita non schiusa, ancora non pensato nè creato, ancora addormentato ed avvolto da membrane innevate.
E quando arriva la luna, spunta bianca come la neve, si specchiano tutt'e due l'una nell'altra, sembrano riconoscersi e salutarsi.
Che la luna sia nata dunque dalla neve?
Non c'è colore oltre all'azzurro della notte invernale, tutto è fermo e compatto come la tonda, fissa, immobile luna.
E per un attimo, niente sembra mortale.

La luna del ghiaccio
la luna dei fantasmi
(...)
E la pioggia goccia
consuma la roccia
così, notte dopo notte
le Dodici Lune.

(A. Branduardi)