domenica 11 settembre 2011

Figlio del riso





Mi ricordo che quand'ero una bambina, spesso seguivo a piccoli passi mia madre al cimitero del paesino di cui è originaria, un agglomerato di casette e casupole disseminate in una vallata del Sud Italia, umida di zanzare d'estate e nebbiosa di fuligine d'inverno.


Trotterellando tra siepi squadrate e vialetti di ghiaia e cipressi, mi piaceva guardare l'immensa distesa di fiori colorati che sembrava ogni volta dare forma ad un cuscino morbido e gigante, che immaginavo svettare tra le lapidi di marmo bianco, troppo seriose per entrare a far parte delle fantasie di una bambina annoiata di sei anni.


E guardavo i piccoli bassorilievi di santi, angeli e cristi morenti ai piedi delle croci, le fotografie ovali che ritraevano visi anziani, raramente giovani.


Tra quella strana collezione però, c'era il piccolo loculo di un bambino che ogni volta attirava la mia attenzione, facendomi fermare buoni dieci minuti prima di arrivare al "nonno Michele" che mai conobbi e che salutavo posando le labbra in un bacio diretto sul freddo liscio del marmo.


Si chiamava Simone Scotti, nato e morto nel 1981 e a pochi mesi dalla nascita.


Era un neonato, di pochi mesi, steso tra lenzuola bianche.


Non capivo: perchè la foto di un bambino tra quei visi adulti, di nonni e nonne, prozii e bisnonni, persone "grandi" che poi si erano ammalate come nonno Michele e ora stavano con Gesù.


Non ci si ammala da nonni? Non si muore da vecchi?


No.


E l'ho capito col tempo.


Quando ti ho visto andar via a soli ventidue anni di vita, per una malattia di cui muoiono i nonni che hanno fatto cose e visto nipoti, piantato ulivi e bevuto vino, portato la Madonna del Castello in processione ogni estate e fatto l'amore con la propria sposa nei letti bianchi di cotone ricamato.


E tu che hai fatto, tu, come quel bambino, Simone...che avete potuto fare con la vostra vita, plasmarla a piacere vostro fino a che punto?


Tra le tante risposte che potrei darmi, mi balena sempre alla mente il Menandro eco di studi classici: "Muore giovane chi agli dei è caro."


Sì, ma non è una conclusione soddisfacente. E allora ecco che sguinzaglio gli sproloqui sul destino, l'equilibrio cosmico, la metempsicosi e la semplice e pura volontà del Dio cristiano, che voleva prendersi Isacco e alla fine l'ha fatto davvero.


Non c'è stato agnello, montone o pecora a sostituire questo "figlio del riso" preso esattamente un anno fa, non c'è stata benevolenza divina o epifania di salvezza, ma solo una croce montata ed inchiodata nel giro di un anno.




"Alle piaghe, alle ferite che sul legno fai


falegname, su quei tagli manca il sangue ormai


perchè spieghino da soli, con le loro voci


quali volti sbiancheranno sopra le tue croci."







A te,


cugino,


amico,


compagno.


Un anno che te ne sei andato,


figlio del riso come Isacco,


ora in un esercito di angeli a guardare i mortali.

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