martedì 10 gennaio 2012

L'Eremo delle Carceri


E' sempre difficile trovare la pacatezza giusta per provare a parlare di qualcosa, uno stato mentale neutro che faccia da sfondo a tutti questi pensieri che mi rincorrono, smaniosi di uscire fuori.
Racconterò a me stessa dell'Eremo delle Carceri, di come s'incastona a perfezione nel cuore del Subasio, del bosco magico che tende amorevolmente le braccia d'alberi verso il chiostro, del silenzio che conforta.
E mi vedo lì, per un attimo, nella grotta di S. Francesco a partorire i miei dolori, una donna nel ventre di pietra di una Madre-Grotta che rinasce dai cunicoli freddi e torna fuori, di nuovo, fatta creatura con un battesimo di luce invernale che filtra lì dal grigio delle nuvole per consegnarti ancora alla vita.
Un luogo sacro, dove paganesimo e cristianesimo si danno la mano, riconoscendosi finalmente fratelli di sangue.
Ecco, adesso più che mai mi serve pensare all'Eremo, ora che sono sola come in una nuda grotta, come in un bosco fitto nei pressi di Gubbio, col cuore in gola per la paura di incontrare un lupo feroce... ma più del lupo... fa paura l'ansia, ammesso pure che ci sia un inferno. E' il transito, il passaggio a darmi pena, non l'arrivo, non l'adempimento eterno.
Che faccio? Che faccio...io sono dentro un buco di pietra, al buio e al freddo...ma tornerò fuori, a lavarmi gli occhi con il sole delle montagne.
Come all'interno dell'Eremo, un universo in un altro, una vita in un'altra, la pietra nella terra, nel monte, tra le foglie verdi e la corteccia muschiata...e poi in là, il sentiero prosegue e la radura si fa circolare per accogliere un altare di legno e poche panche, una piccola chiesetta senza mura e senza soffitto, dove gli affreschi più belli sono dati dai cespugli, gli alberi, le nuvole, il cielo, ed è unica la musica sacra che vi si suona: il vento, gli uccelli.
Non so se S. Francesco abbia pensato al suo Cantico trovandosi all'Eremo, tornando da mesi di meditazione ed affacciandosi alla vita come uscendo dalla sua grotta, riempiendosi gli occhi della magnificenza della natura e glorificandola con versi così sublimi e puri...in qualsiasi circostanza si sia trovato, è nei luoghi dell'Eremo che Dio dimora e parla ancora, con chi dolcemente si ferma un po' a lasciarsi confondere, perdere ed annullare nel verde della boscaglia, nel fremito del vento, nell'ombra della roccia e nei bagliori del sole che con timidi raggi, avvolge di luce il Subasio.

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