martedì 31 gennaio 2012

Cielo bianco


Il cielo è bianco come la neve che sembra passarci attraverso.
E' un enorme pezzo di marmo gelato come quello che ti fa da casa adesso.
Invece io mi ricordo di te, nel calore del sole e dell'estate, sì, a dispetto del freddo di questi giorni.
Come quando siamo andati sui monti del Matese, abbiamo fatto quella strada tutta curve e salite...solo curve e salite, che sembravano non finire più. Ti ho stressato per due giorni per convincerti ad accompagnarmi, e tu che eri buono di cuore mi hai assecondato senza un lamento...eppure me lo sarei meritato!
Oppure mi ricordo quando portavo a spasso il tuo cane, Dea, e risalivo le strade del paese sferzata dalla forza di quel bel boxer fulvo che tu non avevi mai saputo apprezzare.
Arrivavo fino alla piazza principale e ti vedevo da lontano, fuori dal bar, circondato dagli amici...io sempre solitaria e ammusonita dalle mie cause animaliste e sociali, tu beone sorridente, alleggerito da ogni preoccupazione, svettante nella mischia di ragazzi e motorini, voci e risate. Avrei voluto strozzarti per la tua spensieratezza portata con maggior disinvoltura di quanto io riuscissi a portare Dea, che tenevo con una mano al guinzaglio e l'altra delegata a scacciare la fila di cani che ci seguiva.
E quando invece mi sei venuto a prendere con la vespa alle 3 di notte, per andare a fare il bagno in piscina? Io, tu e Michele, la calura estiva e i nostri 16 anni che ora sono pronta a ricordare senza piangere, ma di corsa, veloce come un giro in moto sull'asfalto cocente, col vento che entra da solo nelle narici e respirare è persino superfluo.
Forse se ci penso troppo, quando morirò mi sembreranno pochissimi ricordi, perchè gli unici dei pochi momenti che la vita ha potuto darci. E sarò triste, tanto triste, come quando ora mi trovo a sbirciare le tue foto su internet o il tuo profilo di facebook aperto, dove leggo con tremenda, sfacciata, amara ironia della sorte, quei link sulla ' vita che è fantastica' o sulla 'gioia di vivere'.
Cazzo, cazzo, cazzo...mi sembra tutto un film.
Torno alla finestra per strappare il senso di tutto questo.
La risposta viene offertami dal cielo: immobile, bianco, assoluto, ineluttabile.
Come il destino.

martedì 24 gennaio 2012

Niente d'importante


L'immagine della morte è bastevole ad occupare tutto un intelletto.
Gli sforzi per trattenerla o per respingerla sono titanici, perchè ogni nostra fibra terrorizzata la ricorda dopo averla sentita vicina, ogni nostra molecola la respinge nell'atto stesso di conservare e produrre la vita.
Il pensiero di lei è come una qualità, una malattia dell'organismo. La volontà non lo chiama nè lo respinge.

(Senilità, Italo Svevo)


Forse perchè t'ho visto operare come un mostro alato ogni tanto mi sveglio di soprassalto, eppure ancora penso egoisticamente che non è affar mio e che devo smetterla di vedere gli horror prima di andare a dormire. Mi riporti subito sull'attenti, risvegliando le mie ' molecole terrorizzate ', ricordandomi che mai più io avrò riposo.

martedì 10 gennaio 2012

L'Eremo delle Carceri


E' sempre difficile trovare la pacatezza giusta per provare a parlare di qualcosa, uno stato mentale neutro che faccia da sfondo a tutti questi pensieri che mi rincorrono, smaniosi di uscire fuori.
Racconterò a me stessa dell'Eremo delle Carceri, di come s'incastona a perfezione nel cuore del Subasio, del bosco magico che tende amorevolmente le braccia d'alberi verso il chiostro, del silenzio che conforta.
E mi vedo lì, per un attimo, nella grotta di S. Francesco a partorire i miei dolori, una donna nel ventre di pietra di una Madre-Grotta che rinasce dai cunicoli freddi e torna fuori, di nuovo, fatta creatura con un battesimo di luce invernale che filtra lì dal grigio delle nuvole per consegnarti ancora alla vita.
Un luogo sacro, dove paganesimo e cristianesimo si danno la mano, riconoscendosi finalmente fratelli di sangue.
Ecco, adesso più che mai mi serve pensare all'Eremo, ora che sono sola come in una nuda grotta, come in un bosco fitto nei pressi di Gubbio, col cuore in gola per la paura di incontrare un lupo feroce... ma più del lupo... fa paura l'ansia, ammesso pure che ci sia un inferno. E' il transito, il passaggio a darmi pena, non l'arrivo, non l'adempimento eterno.
Che faccio? Che faccio...io sono dentro un buco di pietra, al buio e al freddo...ma tornerò fuori, a lavarmi gli occhi con il sole delle montagne.
Come all'interno dell'Eremo, un universo in un altro, una vita in un'altra, la pietra nella terra, nel monte, tra le foglie verdi e la corteccia muschiata...e poi in là, il sentiero prosegue e la radura si fa circolare per accogliere un altare di legno e poche panche, una piccola chiesetta senza mura e senza soffitto, dove gli affreschi più belli sono dati dai cespugli, gli alberi, le nuvole, il cielo, ed è unica la musica sacra che vi si suona: il vento, gli uccelli.
Non so se S. Francesco abbia pensato al suo Cantico trovandosi all'Eremo, tornando da mesi di meditazione ed affacciandosi alla vita come uscendo dalla sua grotta, riempiendosi gli occhi della magnificenza della natura e glorificandola con versi così sublimi e puri...in qualsiasi circostanza si sia trovato, è nei luoghi dell'Eremo che Dio dimora e parla ancora, con chi dolcemente si ferma un po' a lasciarsi confondere, perdere ed annullare nel verde della boscaglia, nel fremito del vento, nell'ombra della roccia e nei bagliori del sole che con timidi raggi, avvolge di luce il Subasio.