mercoledì 24 ottobre 2012

Delenda Carthago!

Il lento suono delle tastiere all'inizio, si confonde col passo pesante dei legionari romani. Non c'è un inizio vero e proprio, ma un perenne stato di passaggio, una transizione, un'evoluzione in suoni e moti d'animo.

E' tutto lento, lentissimo, come in apnea si snoda un cadenzato movimento onirico, embrionale e primigenio che riempie l'aria secca e calda di un assolato sobborgo tunisino.

Piacere al miele e alle rose addolcisce gli stupri di guerra e i destini di sangue.

Finchè i versi di Properzio, pura materia corale densa di serafica sacralità, forse anacronisticamente cristiana, ma certamente eco di una lunga e silente processione di fantasmi, spezzano la voce principale e conferiscono profonda veridicità all'intera immagine, che avendo ormai evocato le arcaiche gesta, s'è fatta viva e reale e lascia diradare il fumo dei fuochi degli accampamenti, le tende, gli scudi, le spade, i circhi e i riti.

E poi quella frase, centrale, preziosa, immanente, forse un'esclamazione con una punta d'imperio, che suggella e sancisce la storia:

DELENDA CARTHAGO!
 

La sentite, adesso, la Storia?



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