domenica 16 novembre 2014

Ossa


Conto le ossa.
Dura materia oltre la carne tenera.
Ci sono, ci sono tutte e la cosa mi rasserena.
Premo con i polpastrelli sul braccio, sulla spalla, tocco la clavicola: sento la mia invisibile, scontata e naturale impalcatura e capisco che posso ancora alzarmi. 
Siamo vertebrati, in fondo è facile.
Mi proteggo con storie di raminghi nordici, avvolti dal loro manto di nera solitudine.
Guerrieri, bardi, valchirie, principesse, rune, draghi, cavalli, polvere e campi di battaglia al tramonto, vessili spezzati, sangue sugli scudi, accampamenti viola nel blu di veglie notturne.
Si sta bene, qui dentro. 
E' tutto familiare, conosciuto: è qui che ricordo il mio nome, è qui che posso svelarlo senza che ciò causi dolore.
Non esco più. 
Ripasso i nomi delle mie ossa ad occhi chiusi come una vecchia Ave Maria e sorrido mentalmente: sì, ci sono tutte, proprie tutte.
Alzo il ponte levatoio del mio mondo: è stato imprudente lasciarlo abbassato. 
Ma adesso posso aprire gli occhi, perchè sono sicura di quello che vedranno.


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