martedì 25 novembre 2014

The name of the rose

Dolore frontale pulsa compulsivo con prepotenza dittatoriale.
Bandiera bianca, un Moment e scivolo nel sonno.
Scendo le scale di pietra polverose. Buio e umidità sono i sovrani e penetrano imperiosi nelle ossa.
Una cripta, o forse una cella monacale poco illuminata mi si para alla fine delle scale.
Sussurri ascetici, tuniche nere disposte in circolo: il mio occhio vola sulle teste velate e scopre un piccolo letto drappeggiato di nero. Un monaco vi dorme, la pelle sottile solcata dalle rughe è un mare disteso e rassegnato al riposo eterno. 
Preghiere, incenso nell'aria e la Morte accarezza la Vita poggiandole un dito sulle labbra.
Una vecchia suora mi guarda, sfoggiandomi un sorriso isterico e insensato: ha un naso ricurvo, labbra sottili come sentieri imprecisi di terre nordiche e occhi sporgenti, languenti e lucidi, velati da una vecchiaia di demenza e verità schietta.
Mi parla piano e con voce trasognata chiede di sciogliermi i capelli.
Sgrano gli occhi, ma accolgo quella proposta priva di logica con obbedienza automatica: mi sfilo l'elastico e li lascio cadere sulle spalle e la schiena.
Quand'ecco che il monaco lascia scivolare la testa oltre il cuscino e, ripiegando il collo in modo innaturale, spalanca gli occhi azzurri di colpo. 
Si alza dal torpore dell'agonia come se si fosse ripreso da un dormiveglia pomeridiano.
Lo fisso, ha lo stesso volto della vecchia suora alienata di prima: orbite vuote ma cariche di assennatezza irreale mi scrutano il fondo degli occhi per dirmi: "Ero io la Morte. Ma ho deciso di svegliarmi".
E, allungando la gracile mano bianca verso di me, sorride con serafico e lunare appagamento.




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